Caro Gianni, cosa ci hai combinato? Uno scherzo mal riuscito che non ci ha fatto divertire, tutt’altro!
Ci hai fatto piombare in una malinconia esasperata per un volto amico che non rivedremo più, se non nei ricordi piacevolissimi delle discussioni sul calcio nei salotti tv e sulle frequenze Radio.
Questo noi sappiamo di mister Di Marzio: per noi tifosi e semplici estimatori che lo abbiamo conosciuto come allenatore, dirigente sportivo, opinion leader e talent scout. Nome e garanzia, un solo pacchetto da prendere e portare a casa, perché la competenza è un talento e lui ne era ricco.
La sua carriera di calciatore non inizia nemmeno e un infortunio gliela tronca a poco più di venti anni ma il calcio è segnato nel suo destino e nessuno potrà cancellarlo, nonostante tutto. I giovani e i campioni in erba, anche quelli erano nel suo destino e il Napoli e anche il mestiere di giornalista all’Unità: quando si trattava di calcio Di Marzio poteva farlo, raccontarlo e scoprirlo come pochi.
Personalmente non sono mai riuscito a capire cosa prioritariamente preferisse fare, se allenare o scoprire talenti, se gli avessero dato più gioia le fantastiche promozioni in A e in B rispettivamente di Catania e Cosenza o l’aver insinuato il più grande calciatore di tutti i tempi nel destino della sua città.
Per due anni si è seduto sulla panchina del Napoli ed è mancato poco che apponesse la sua firma su un successo che avrebbe meritato in un’annata, quella del 77-78 che nel campionato chiuse al quinto posto. La finale di Coppa Italia, all’Olimpico di Roma, la vinse per 2-1 l’Inter di Bersellini e il nostro dovette fare buon viso a cattivo gioco con una squadra che si era spinta al di là delle più rosee aspettative.
Catanzaro, Genova, Palermo e tutte le città che sono state casa sua si uniscono al cordoglio della famiglia e a quello dei suoi concittadini, che piangono un uomo unico, un tecnico nato per la comunicazione, un napoletano autentico.