Sembra proprio che ci sarà uno scossone nella lotta tra le squadre impegnate per accedere alla prossima edizione della Champions League.
Lo darà la Juventus che ha chiuso l’acquisto di Dusan Vlahovic per 70 milioni di euro, riconoscendo un ingaggio lordo al giovanottone di 14.6 all’anno e dotando il suo attacco dell’attuale capocannoniere della serie A con 17 reti.
Siamo alle solite, ci verrebbe da dire, se pensiamo all’ennesima operazione di una società che ha un passivo di 400 milioni e continua a spendere e spandere, non curandosi minimamente dei bilanci e delle regole del fair play amministrativo.
Le istituzioni calcistiche (FIGC, in primis per l’ITALIA ma anche Uefa e Fifa per Europa e il resto del mondo) fanno orecchie da mercante e si limitano a seguire i loro propositi di guadagno, quasi mai finalizzati alla salute del sistema calcio. Chissà fino a quando saprà resistere il “pallone”.
Per i tifosi della Fiorentina, ormai ex squadra del serbo, si è materializzato l’ennesimo “caso Baggio” che vede regolarmente la vecchia signora sedurre impunemente gli idoli della Fiesole (Bernardeschi, Chiesa) e convertirli alla propria causa con il profumo della gloria. Frustante, senza dubbio, anche se l’operazione per le casse del presidente Commisso sarà, quanto mai, “refrigerante”, visto che il ragazzo andava in scadenza nel 2023, liberandosi a parametro zero e permetterà alla Viola un futuro niente affatto risicato. Siamo moderatamente fiduciosi che a Firenze dimenticheranno presto il loro “core n’grato”
Roberto Mancini, dopo essersi arrovellato con la margherita se chiamare oppure no Balotelli, fa sapere dal ritiro della nazionale che “super Mario” può dare una mano. Il CT, in un momento in cui la fiducia nell’ex “enfant prodige” del calcio italiano è ridotta ai minimi termini, mostra coraggio soprattutto perchè adesso non può permettersi di scommettere un centesimo su di una causa che potrebbe rivelarsi completamente persa.
La posta in gioco è altissima, il mondiale in Qatar troppo importante e il bresciano ha tradito troppe volte la cosa più sacra che gli sia capitata di gestire: il proprio talento.