Non è una guerra dei poveri, quelle non fanno ridere perchè sono tragiche. Non è nemmeno opportuno definirla guerra, ora che ne stiamo vivendo una vera in Ucraina, pagata con sangue innocente per le scelleratezze di chi innocente non è. Un tentativo di farsi male da soli, ecco, questa potrebbe essere la giusta definizione e noi a Napoli siamo maestri nel provare a smantellare cose che resistono da duecento anni e ci hanno reso famosi nel mondo, come ad esempio le canzoni.
Il pomo della discordia è una definizione coniata nel secolo scorso (1997) da un semisconosciuto operaio dell’arte, musicista, fabbricante di strumenti (suona molto poetico) e all’occorrenza scrittore, nel suo libro “Concerto napoletano”: il termine è “neomelodici”
Mai, il signor Peppe Aiello avrebbe immaginato di poter scatenare tale baraonda che nel fienile secco dei social avrebbe fatto di una scintilla, un incendio. Nelle pieghe di Partenope, prima si fa di tutto per entrare di diritto nei canoni di uno stile musicale che ha sempre suscitato perplessità e dopo si gioca a disconoscere il proprio essere neomelodico, come se fosse zavorrante. A volta per nobilitare la categoria si prova pure a reclutare artisti affermati che magari a ragione non si sentono parte in causa. Questa è una delle ipotesi che possiamo fare per spiegare quel che è accaduto ma potrebbe anche non essere quella giusta. La diatriba viaggia sulla sponde ultra frequentate di “tic toc” sulle quali una giovane (?) cantante napoletana(?), tale Giusy Attanasio, arruola nello stile neomelodico Nino D’angelo che in verità, faceva questo mestiere da tanto tempo prima (1979). Pertanto alla rituale domanda all’ex caschetto d’oro, la risposta non poteva essere che “no, non mi sento un neomelodico”. Apriti cielo, la fazione capeggiata dalla succitata artista, essa compresa ovviamente, ha lanciato dardi avvelenati contro il “Nino di Casoria”, in un conflitto che con il passare di giorni e mesi è diventato generazionale e ha visto intervenire, sempre sul famoso social cinese, un mare di appassionati, artisti e addetti ai lavori. I nuovi contestano al “maestro, la presa di distanza dalle sue origini, mentre la vecchia guardia pone l’accento sulla mancanza di riguardo verso il suddetto, dopo che in un post poco elegante si sono fatte affermazioni che esulavano dal valore artistico di D’Angelo, in verità, mai messo in dubbio da alcuno.
La telenovela, lungi dall’essere conclusa (quelle possono durare anni) si arricchisce di capitoli sempre nuovi e come da costume “social”, alcuni di essi sono di pessimo gusto. Noi lasciamo giudicare sui torti e la ragioni i gentili lettori che avranno di sicuro idee proprie in proposito e tutte molto interessanti. Intanto, Il figlio del re della sceneggiata, Francesco Merola si è posto da garante per “appaciare” la bella Giusy e il grande Gaetano ma proprio quando la querelle poteva concludersi, il colpo di scena come in un thriller di Michael Connelly, anzi Maurizio De Giovanni: Pino Mauro, ex Alter ego di Mario Merola (negli anni settanta dominavano la scena della canzone napoletana) dichiara ufficialmente che Nino D’Angelo gli ha rubato una canzone, fra l’altro tra le più belle del repertorio “d’angeliano”. Tutto da rifare, naturalmente su “tic toc”. Vi faremo sapere.