La recentissima sentenza della Cassazione, sez. III civ. n. 21220 del 5 luglio 2022, fa un leggerissimo giro di valzer tra alcune norme in materia di contratti di assicurazione per scardinare la superficiale pronuncia della Corte d’Appello di Milano, che, troppo frettolosamente, ha rigettato il gravame di un professionista mal pagato.
Quest’ultimo, avendo chiamato in causa il suo assicuratore per la responsabilità civile ed avendo invocato la clausola del suo contratto di assicurazione che prevedeva il rimborso delle spese di resistenza in giudizio, vedeva la sua domanda non assolutamente tenuta in alcun conto dal giudice di prime cure. Infatti, proponeva appello proprio perché, a suo giudizio, “il tribunale non si era pronunciato sulla sua domanda di condanna dell’assicuratore a rifondergli le spese di resistenza (quelle, cioè, sostenute, per contrastare la pretesa risarcitoria di …), ai sensi dell’art. 1917, terzo comma, cc”.
La Corte d’Appello, senza troppi giri di parole, rigettava l’appello sulla rimborsabilità delle spese di resistenza “in virtù della clausola contrattuale la quale escludeva la rifusione di tali spese se l’assicurato si fosse avvalso di avvocati o periti non designati dall’assicuratore”. Tale patto, aggiungeva la Corte, non poteva dirsi invalido in quanto l’art. 1917, terzo comma, cc è norma derogabile dalle parti.
In maniera rapida e indolore, la Cassazione stronca la motivazione della Corte d’Appello, ritenendo fondato l’unico motivo di ricorso proposto dal professionista.
La motivazione della Cassazione è tanto semplice quanto ovvia, ci spiace dirlo.
L’art. 1917, comma 3, cc recita testualmente: “le spese sostenute per resistere all’azione del danneggiato contro l’assicurato sono a carico dell’assicuratore nei limiti del quarto della somma assicurata”. Il successivo articolo 1932 (noma di chiusura dell’intero capo XX, dedicato al contratto di assicurazione), al comma 1 prevede quanto segue: le disposizioni degli articoli … 1917, terzo e quarto comma … non possono essere derogate se non in senso più favorevole all’assicurato.
Orbene, la clausola sopra menzionata, inserita nel contratto di assicurazione per la responsabilità civile, è da ritenersi sicuramente nulla in quanto peggiorativa rispetto alla formulazione della disposizione di cui al terzo comma dell’art. 1917 cc. Difatti, limitando la ripetibilità di esborsi sostenuti per resistere in giudizio ai soli casi in cui l’avvocato o il perito siano stati scelti dall’impresa assicuratrice, detta clausola si pone in contrasto con la natura inderogabile della norma.
“Pertanto una clausola contrattuale la quale subordini la refusione delle spese di resistenza sostenute dall’assicurato al placet dell’assicuratore è una deroga in pejus all’art. 1917, terzo comma, cc ed è affetta da nullità. La legge infatti non pone condizioni al diritto dell’assicurato di ottenere il rimborso delle suddette spese”.
Il principio di diritto enunciato nella massima conclusiva della Cassazione, cui dovrà attenersi la Corte d’Appello del rinvio, è la seguente:
“la clausola inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile, al quale stabilisca che l’assicurato, se convenuto dal terzo danneggiato, non ha diritto alla refusione delle spese sostenute per legali o tecnici non designati dall’assicuratore, è una clausola che deroga in pejus all’art. 1917, terzo comma, cc, e di conseguenza è nulla ai sensi dell’articolo 1932 cc