Ho sentito dire una volta che le seconde possibilità hanno quasi sempre il sapore della disperazione ma non si negano a nessuno.
Lui, Claudio Garella, dopo le papere degli esordi che rischiarono di farlo passare per un pasticcione dei pali (famosissime quelle alla Lazio), seguendo uno dei memorabili consigli di San Francesco d ‘Assisi ha ritenuto necessario ricominciare da zero come atleta e giocatore di calcio, fare si che fosse possibile ritornare ad essere un portiere affidabile ed infine fare cose impossibili che mai nessun calciatore prima e dopo, fino ad oggi, ha rifatto: vincere lo scudetto in due squadre diverse, Verona e Napoli, entrambe per la prima volta.
Lo psicologo Carl Rogers avrebbe definito la sua crescita una “realizzazione costruttiva delle sue possibilità intrinseche” che portarono l’autore scellerato delle “garellate” a divenire il super eroe “Garellik” con tanto di mantello ed accessori per la realizzazione di grandi imprese.
Ed infatti volava davanti alla porta che difendeva e qualsiasi mezzo era buono per non farsi trafiggere. Indimenticabili le sue parate con i piedi che ne caratterizzavano lo stile unico che come la vera eleganza resterà indimenticabile per coloro che lo hanno visto all’opera o che hanno avuto la fortuna di giocare con lui.
Un eroe di due mondi esattamente all’opposto, roccaforte del nord Verona, regina del sud Napoli, un torinese niente affatto falso con lo sguardo cortese ed un viso che ispirava fiducia e traspirava simpatia sul quale spiccava il più “Ciraniano” naso che il calcio italiano abbia mai visto.
Aveva 67 anni ed il cuore che lo aveva fatto diventare “il più grande portiere del mondo senza le mani” non ha superato l’intervento chirurgico a cui si era sottoposto. Non lo dimenticheremo. Riposa in pace Claudio.