«L’intelligenza artificiale è una disciplina appartenente all’informatica che studia i fondamenti teorici, le metodologie e le tecniche che consentono la progettazione di sistemi hardware e sistemi di programmi software capaci di fornire all’elaboratore elettronico prestazioni che, a un osservatore comune, sembrerebbero essere di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana.»
Questa dunque la spiegazione indicata da Somalvico, Ingegnere e accademico italiano, tra i massimi esperti dell’intelligenza artificiale.
Le applicazioni nel campo della IA spazia in innumerevoli settori e sempre più credito stanno ottenendo nell’ambito medico e diagnostico. Sono infatti presenti piattaforme on line, che attraverso una scarna definizione dei propri malesseri, appronta una cura appropriata(?)
Quanto questa cura sia appropriata è pero oggetto di feroce dibattito tra gli operatori, che si dividono in cultori della medicina tradizionale, quella fatta di visite, indagini e accertamenti eseguiti de visu e sul paziente che a loro parere nessuna intelligenza artificiale potrà mai sostituire e naturalmente sostenitori, che invece propendono ad una visione del futuro integralmente gestita dalla IA.
Anche un altro illustre accademico Stephen William Hawking, fisico, matematico e divulgatore scientifico Inglese, ha fortemente messo in discussione la IA considerandola addirittura una minaccia per la sopravvivenza del umanità.
Trasponendo la teoria su una campo assai meno importante, ma comunque rilevante, quello dalle stime per i danni derivanti la circolazione stradale, la IA sta trovando sempre maggiore applicazione.
Sono però d’uopo alcune riflessioni…
A prescindere dal valore etico della questione e innegabile infatti che mai una macchina potrà sostituire un uomo, si pongono degli interrogativi su aspetti meramente tecnici.
La funzione razionale della IA porta a risolvere un problema in funzione dell’informazione posseduta.
A questo punto il limite appare evidente, l’IA non Indaga sulla questione tecnica, ma fornisce un risultato freddo e asettico che riferisce all’interno di un ventaglio di opzioni di una “potenziale” migliore risoluzione di un problema, attraverso una serie di algoritmi. Ovviamente gli algoritmi non consentono la verifica tutte le componenti variabili, che perché tali, sono incalcolabili e di volta in volta si modificano, proponendo esempi diversi, che non sono ne potrebbero essere, mai identici tra loro.
Nel campo infatti della analisi dei danni derivanti la circolazione stradale, non è mai possibile riscontrare, seppur su uno stesso modello, identici effetti. Val la pena addurre un esempio.
Come può una IA indagare nel caso di danni meccanici, per loro natura occulti e per i quali è indispensabile procedere allo smontaggio e messa su banco dei particolari, per poterne studiarne con attenzione le avarie?
Deriva da questo, che per quanti modelli un algoritmo possa studiare, non ve ne saranno mai abbastanza per potere esprimere giudizio e quindi un risultato univoco, valevole per tutti i casi che presentino similitudini o analogie.
Si palesano pertanto limiti tecnici, che riferiscono in termini percentuali la inaffidabilità dell’esclusivo ricorso alla IA ,nell’ambito dei danni derivanti la circolazione stradale.
Oltre quindi la valenza tecnica, sulla quale si avanzano legittime riserve, esistono ancora aspetti di carattere procedurale e giuridico sui quali è opportuno soffermarsi.
Per la legge vigente, la stima dei danni derivanti la circolazione stradale, disciplinato con decreto legislativo n. 209/2005 del Codice delle Assicurazioni Private è consentita solo a Periti iscritto al Ruolo dei Periti Assicurativi.
Il decreto quindi ha chiarito le figure uniche, deputate per legge, a cui è consentito redigere stime per danni derivanti la circolazione stradale. Va quindi da se che se un IA si sostituisse al perito nella redazioni di una stima, chi firmerebbe il documento finale, cosi detto perizia o elaborato peritale?
Quale valenza può avere un documento annomino redatto da un calcolatore? Viola la legge una perizia estimativa redatta da una IA? Ma soprattutto quanto può essere attendibile una perizia eseguita sulla base di soli paramenti e calcoli matematici e non attraverso l’ispezione diretta delle cose danneggiate, che ne verifichi con cura e minuziosità di indagine le cause più nascoste e gli effetti?
Gli interrogativi sopra esposti, applicati in un ambito di più ampio respiro, sono stati motivo di dibattito e riflessione della Future of life institute, la cui commissione ha redatto un protocollo sottoscritto da migliaia di esperti, noto come i PRINCIPI DI ASILOMAR suddivisi in 23 punti per affrontare la problematiche etiche, sociali, culturali e militare dell’IA ponendo quindi un limite, ma soprattutto, allo stesso tempo, un monito sull’impiego della Intelligenza artificiale, le cui linee guida si riassumono brevemente nel passaggio che fa riferimento alla supervisione umana: “ L’IA deve essere al servizio dell’uomo e non deve invece ridurne, limitarne o fuorviare l’autonomia. La persona deve restare autonoma e in grado di supervisionare il sistema stesso”.
Appare quindi incerto il ricorso alla IA in relazione la redazione di stime per danni.
A tal proposito riportiamo la definizione che Treccani espone della perizia.
“qualità di chi per naturale dispozione, abilità e lunga pratica, conosce ed esercita un arte, una professione o determinate attività, con padronanza assoluta dei mezzi tecnici a essa relativi“
Ai posteri l’ardua sentenza.