Novembre 1922, novembre 2022: sono passati 100 anni dalla morte di Marcel Proust, un autore che ha lasciato e lascerà per sempre un segno indelebile nella letteratura mondiale.
Sappiamo che ha battuto il Guinness dei Primati con il romanzo più lungo della storia, “Alla ricerca del tempo perduto”: 9 milioni di caratteri, più o meno equivalenti a 3760 pagine, ma dobbiamo anche ricordare che Proust rappresenta un vero maestro del romanzo moderno, così capace di mettere in primo piano l’umanità dei protagonisti, debolezze e vulnerabilità, passioni e struggimenti.
La lettura di questa sua grande opera, sebbene impegnativa, rappresenta una vera epifania in grado di regalare nuovi occhi grazie ai temi affrontati, come l’esplorazione del ricordo, il tempo inesorabilmente perduto che più non torna, e quello ritrovato grazie alla memoria.
Una riflessione psicologica della letteratura ma anche dello snobbismo e della superficialità della nobiltà parigina – della quale l’autore faceva parte – ne fanno anche uno spaccato storico sociale e di costume. In effetti Proust, in questa imponente opera utilizza molti personaggi che rappresentano sue vere conoscenze sia legate alla famiglia o all’infanzia, sia appartenenti alla prima parte della sua vita che fu mondana: di famiglia altro borghese, prima di isolarsi fu un grande frequentatore dei salotti della nobiltà.
Fin dall’età di 9 anni, Proust soffrì d’asma, condizione che divenuta invalidante lo portò nel 1906, a soli 35 anni, a chiudersi nella sua camera da letto fatta insonorizzare con il sughero, in una prigionia volontaria durata fino alla sua morte, avvenuta 15 anni dopo.
Fu in quella camera che si dedicò al romanzo “Alla ricerca del tempo perduto”, suddiviso in 7 volumi pubblicati tra il 1913 e il 1927, scritto sempre stando sdraiato a letto. Dal letto si alzava infatti davvero raramente, e vi morì per una polmonite mentre stava ancora compiendo la revisione degli ultimi tre volumi, pubblicati postumi.
Si potrebbe pensare che scelse di rinunciare alla vita, tuttavia se riuscirete a leggere quei 7 meravigliosi volumi vi renderete conto che Marcel Proust non è un uomo che lascia la vita vera per scrivere, ma che sente di vivere una vera vita scrivendo.