Erdogan sotto il tiro del fuoco amico. Esplode infatti in Turchia la protesta per il ritardo delle azioni di soccorso, con la macchina che si è messa in moto a fatica.
Quartieri stravolti, la geografia dei luoghi resa irriconoscibile dalla potenza devastante del terremoto, l’autostrada che collegava la provincia turca con la Siria disintegrata, come tante altre arterie, fondamentali per i collegamenti e per il passaggio degli aiuti e l’arrivo tempestivo dei soccorsi, questo il resoconto momentaneo di quanto sta accedendo in Turchia.
Sulla gestione dell’emergenza, la rabbia di una popolazione allo stremo, non risparmia il presidente turco Erdogan, costretto ad ammettere, in visita nelle zone terremotate, che la macchina dei soccorsi ha avuto difficoltà iniziali, impossibile però prepararsi a una catastrofe del genere si e giustificato, attaccando poi quelli che definisce provocatori, ossia i tanti che lo hanno criticato.
Polemiche che girano principalmente su Twitter, da ieri di nuovo irraggiungibile nel paese. Propagando da un lato e odio politico dell’altro, in Siria ad Assad sono servite settanta ore per cedere e dichiararsi pronto a mandare gli aiuti anche nelle zone controllate dai livelli più bassi, era la condizione Imposta al regime da Bruxelles, in risposta alla lettera ufficiale con cui Damasco chiedeva di attivare il meccanismo europeo di Protezione Civile, ovvero aiuti, dai farmaci, ai generatori, laddove manca tutto.
Tra le emergenze c’è anche la gestione delle migliaia di salme, per le quali si cominciano ad allestire fosse comuni per le sepolture di massa.