Quando si partecipa a un laboratorio di scrittura, il vero motivo che ci spinge è la ricerca di qualcosa; l’alunno sincero è colui che vuole attingere e migliorarsi, ma in quelle aule spesso vi si incontra ego, vanità, incapacità di guardare ai propri limiti, rifiuto del giudizio, egocentrismo.
Senza la volontà di migliorarsi e accompagnati dalla fretta di vedere il proprio nome sulla copertina di un libro, non si può diventare dei veri scrittori né si può pretendere di arrivare allo stomaco del lettore, laddove risiedono le emozioni più coinvolgenti.
Nei seminari e laboratori tuttavia, si incontra anche autentico desiderio di dar voce a quel qualcosa che viene da dentro e spinge verso la scrittura e sono queste le persone che domani potrebbero dar vita a buoni testi.
La passione le anima, l’umiltà di farsi correggere è di casa e il coraggio di mettersi in gioco le aiuta a superare pudore o disagio.
La passione per un’arte ci apre la mente e ci fa incontrare altre anime simili alla nostra, dovrebbe regalare maggiore sensibilità e indurci ad aprirci ad altrui esperienze. La penna di altri, parlando di scrittura, tanto può insegnare o arricchire, oppure – in casi più fortunati – può farci sentire bravi e migliori di ciò che pensavamo.
Quando abbiamo la fortuna di conoscere o approfondire autori fantastici attraverso i loro romanzi, se lettori appassionati finiamo sempre per personalizzare e maltrattare con sottolineature, appunti a piè pagina, orecchiette: è così che un libro cessa d’essere di chi lo ha scritto e diventa nostro, creando con noi un’intimità profonda senza eguali.
A un laboratorio di scrittura della Rai, anni fa ho avuto il piacere di conoscere personalmente l’anziano scrittore e linguista Francesco Sabbatini, vero maestro della lingua e curatore del Vocabolario della Crusca.
La sua passione per la parola scritta, è stata subito evidente nella chiacchierata sulla punteggiatura, respiro e vita di un testo; interessante la sua considerazione “Si scrive per creare dei buchi che il ricevente riempie. Per creare un dibattito interiore con il lettore”. Mi è piaciuto osservare il suo interagire con i presenti, mentre parlava tenendo sveglia l’attenzione con varietà di toni, semplicità, ma anche con l’abilità di chi è padrone della materia. Signore garbato, ottimo maestro, buon oratore; la distrazione, in aula, non era proprio ipotizzabile.
La scrittura va amata, coltivata, curata e coccolata; predisponiamoci ad ascoltare, a condividere, a imparare: questo non ci danneggerà, alla faccia del nostro ego smisurato, ma ci indicherà la strada giusta per lasciare il segno.