Cara redazione,
vorrei prendere spunto da un intervento di Renato Zero a “Che tempo che fa” di domenica 19 febbraio.
Più o meno il conduttore Fazio fece riferimento ad una promessa ad egli fatta dal cantautore in una passata puntata della trasmissione risalente a circa 15 anni fa in cui si impegnava ad insegnargli l’arte del punto-croce. Ricordando quell’evento il mitico Renato Zero continuò “Se tu avessi imparato…” ma la frase non continuò a causa di un’interruzione della diretta.
Più volte ho letto che l’arte del ricamo risulta terapeutica. E’ davvero così? Voi cosa ne pensate?
Simona, Genova.
Cara Simona, grazie per la sua lettera.
Ho visto anche io la trasmissione di Fazio di domenica scorsa e sinceramente ho pensato che fosse stata una fortuna che la frase del grande Renato Zero si fosse interrotta a quel punto. Non perché temessi un elogio sconsiderato di questa antichissima arte ma, anzi, il contrario. Credo che si tratti di un lavoro e di un attitudine talmente importanti che lo spazio lasciato all’immaginazione circa il concetto del cantautore sia davvero prezioso. Ma cerchiamo di andare per gradi ed aiutiamo i nostri lettori a comprenderci meglio.
Le origini
L’arte del ricamo vanta origini antichissime. Le prime creazioni risalgono all’antico Egitto.
In Italia si afferma come declinazione di un’usanza saracena intorno all’anno mille e la prima regione in cui comincia a diffondersi è la Sicilia. Ma ben presto cominciò a prendere piede in tutta la penisola raggiungendo livelli d’eccellenza in Toscana e, in particolar modo, a Firenze.
In origine erano soprattutto la Chiesa e gli esponenti di spicco della società civile a farsi confezionare abiti ed accessori impreziositi da ricchi ricami. A poco a poco, però, diventò un’arte diffusa in tutte le famiglie rappresentando, al tempo stesso, un passatempo ed un dovere delle giovani fanciulle che usavano riunirsi in grandi casi o corti per confezionare in allegria corredi e biancheria per le doti nuziali.
L’impegno e la diligenza richiesti fecero in modo che il ricamo diventasse anche uno degli impegni principali delle religiose dei conventi di tutto il mondo, le quali ne affinavano le tecniche e ne preservavano i segreti.
Il ricamo oggi
Adesso che siamo nel pieno del ventunesimo secolo stiamo forse pensando che il ricamo sia diventato un’arte o un passatempo obsoleto, retrogrado o fuori moda? Niente di più sbagliato.
Il ricamo oggi è un’arte da proteggere, una tradizione da tramandare e un hobby da rubare per poi eseguire con maestria e dedizione.
Trasmette bellezza. Qualsiasi oggetto, che sia un capo d’abbigliamento, un accessorio per la persona o per la casa o un addobbo liturgico, ricamato è bello. La bellezza si trasmette attraverso la cura, l’artigianalità, l’esclusività.
Arreca valore. Gli stessi oggetti di cui parlavamo se ricamati acquisiscono valore. Fuoriescono dalla categoria dell’industria per entrare in quella dell’artigianato. Diventano preziosi.
Ma ricamare fa bene?
Forse un po’ tutti noi ci staremo chiedendo a cosa serve spendere così tante energie per preparare a mano una cosa che può fare benissimo anche una macchina.
Ebbene il quesito contiene già la risposta. La differenza risiede proprio nell’utilizzo delle mani. Le macchine potranno sostituire l’uomo nel risultato ma non avranno mai un cuore. Potranno trasmettere bellezza ma mai amore. Potranno esprimere precisione ma mai passione. Potranno (a caro prezzo) promettere esclusività ma mai unicità.
Una cosa fatta a mano, invece, è già tutto questo.
Un prodotto è unico quando esprime non soltanto bellezza, non fa bene solo agli occhi, ma fa bene anche al cuore, all’animo, allo spirito.
Il potere terapeutico del ricamo
Grazie alla sua ripetitività gestuale, il ricamo si configura come un’arte terapeutica e meditativa.
Il filo del lavoro aiuta anche l’animo a saturare le sue ferite, a ricucire le cicatrici del cuore e dell’anima. Aiuta a praticare la lentezza e, si sa, molte delle problematiche della vita odierna scaturiscono dalla frenesia e dallo stress ai quali siamo costantemente sottoposti.
Sono molte, moltissime, le testimonianze di persone che si sono curate con il ricamo in periodi particolarmente difficili e pesanti della propria vita. Nella maggior parte dei casi ciò è avvenuto spontaneamente, senza volerlo, per puro caso quasi come una magia. La magia delle mani!
Tutto ciò adesso potrebbe sembrare strano, eppure ha trovato riscontro empirico e scientifico.
Esistono specifici programmi di riabilitazione psicologica incentrati sull’arte del ricamo per adulti e bambini ed esistono anche programmi riabilitativi che utilizzano le medesime tecniche per il sostegno ai detenuti; programmi preziosissimi che possono trasformarsi anche in opportunità di lavoro future.
Cosa possiamo aggiungere? Null’altro.
Possiamo solo ringraziare il mitico Renato e sperare che la lettera di Simona alla nostra redazione possa risvegliare passione e curiosità per un’arte così preziosa ed intramontabile.