IL 25 APRILE DEGLI ITALIANI (QUEST’ANNO)
La memoria è corta, si sa. Circa il 60% delle informazioni che passano attraverso la nostra mente ogni giorno scivolano via. Fanno un percorso strano, sono di passaggio. Mettiamo poi che a scuola la storia si studia poco e spesso male. Che non era la materia preferita di molti fra noi, troppe date, e troppi dati, poi trattasi di storie retrò, ma che ce ne facciamo. Consideriamo inoltre che noi italiani siamo cattivi lettori, spesso pessimi e magari di qualche romanzetto, di qualche giallo, ma non certo di saggistica o di storia, appunto.
Però dimentichiamo una cosa. Noi vecchi degli anni 80, 70 ma anche 60 abbiamo una responsabilità molto importante. Siamo memoria per i giovani di oggi, i bambini, ma anche i ragazzi e gli adolescenti. Ed abbiamo, a nostra disposizione, diversi strumenti per veicolare questa memoria. Ci sono i racconti certo, ma ci sono anche i libri, i documentari, le trasmissioni televisive, internet ed i social.
Noi abbiamo la responsabilità di veicolare correttamente verso i più giovani almeno alcuni contenuti fondamentali e di sviscerarli, almeno in determinate occasione, dal pettegolezzo o dalla discussione inconcludente. E il “noi” al quale mi riferisco siamo noi giornalisti, noi genitori, noi insegnanti, noi politici anche.
In questi giorni io che non sono proprio di primissimo pelo mi sono chiesta una cosa.
Cosa avranno capito i più giovani del 25 Aprile?
Avranno recepito, in qualche modo, minimamente il perché si celebra questa ricorrenza?
Ne avranno colto il significato storico?
Certo a scuola lo avranno studiato, spero.
Ne avranno parlato con compagni ed insegnanti, immagino.
Me lo auguro perché credo che quest’anno se avessero voluto documentarsi tramite telegiornali e programmi di dibattito avrebbero capito ben poco.
Non so se sia stata una mia impressione ma io, in televisione e su alcuni giornali, non ho sentito altro che un dibattito asfissiante e, francamente, inutile su un solo termine antifascismo.
Una ricerca spasmodica dei giornalisti e delle forze di opposizione dell’auto-definizione da parte delle figure al governo quali antifascisti.
Premesso che non dirsi anti non vuol dire necessariamente esserlo, a me è sembrato un dibattito assolutamente fuori luogo ed inconcludente. Ma soprattutto ad effetto boomerang.
Il fascismo è tramontato. Il capitolo è chiuso. Non ci sarà un altro duce, non ci sarà lo squadrismo, non ci saranno più quelle politiche sociali, militari, economiche.
Intanto però sono rimasti accesi i riflettori mediatici su quelle posizioni che si temevano potessero ancora oggi legittimare o farsi propulsori di tali atteggiamenti o posizioni che dir si voglia.
Io, francamente, se fossi un politologo mi preoccuperei piuttosto di altre due spinte che possono rappresentare un pericolo per la destra oggi nel mondo globalizzato: il populismo estremo ed il nazionalismo.
E poi mi preoccuperei di dare dignità alla storia.
Mi preoccuperei di spiegare i fatti, di raccontare le storie della Resistenza e quelle degli alleati, nel bene e nel male.
Ma quest’anno non è andata così.
Quest’anno abbiamo sprecato il nostro 25 Aprile in un incessante talk dal sapore commerciale.
Sarà stato fatto audience, sicuramente. Obiettivo raggiunto. Ma occasione di crescita sprecata.