In questi giorni di avvicendamento panchinaro, andavo facendo una riflessione, figlia di una forse esagerata deformazione professionale.
Da 40 anni mi occupo di governance aziendale e per mia esperienza posso dire che società nelle quali nessuno “controlla” il controllore, che a sua volta poi è pure il controllato, se non proprio a “fallire”, sono comunque destinate a stare confinate nel loro perimetro, rimanendo in qualche modo loro precluso uno sviluppo competitivo, il cosiddetto “salto di qualità”.
Vivo altrove da lunga pezza, a Napoli vi nacqui oltre 6 decenni fa, ma Napoli ed il Napoli restano costantemente ed indissolubilmente azzeccate a me.
In non molti altri posti, il tifo, l’eccitazione per la propria squadra, assume un connotato simbiotico così fortemente identitario come nella nostra città. “L’eccitazione è sintomo d’amore al quale non sappiamo rinunciare, le conseguenze spesso fan soffrire…”, cantava Battisti in suo brano del 1978.
Eppure mai come quest’anno la sofferenza, figlia di quell’irrinunciabile eccitazione che il tifoso si porta stampata sulla pelle e nelle vene, poteva e doveva lasciare spazio alla speranza, non vana di poter continuare un ciclo esaltante, sulle ali dell’entusiasmo per il prestigioso scudetto, strameritato sul campo e fuori.
In una qualsiasi azienda che si rispetti, chi crea terra bruciata intorno, dilapida un patrimonio di entusiasmo ed energia collettiva che travalica i confini cittadini, vanifica legittime aspettative di ulteriori e traguardabili meriti, stravolge l’appeal del brand e del prodotto e ne svaluta gli assets, è chiamato a risponderne e darne conto, affrontando per questo le conseguenze del caso.
Ciò nella SSCN, così come pure, va detto, in altre società sportive, non può succedere, o succede solo tendenziosamente, semplicemente perché il controllore che non ha controllo e che peraltro controlla se stesso, dovrebbe auto sfiduciarsi, mancando per di più chiare deleghe operative.
Rispetto ad altre società, il Calcio Napoli ha forse l’aggravante di applicare un simile modello, usando le maniere di un elefante in una cristalleria, di un vampiro alla banca del sangue. L’auspicio è che, avvicendamento tecnico a parte, vengano rivisti e riconsiderati determinati atteggiamenti. Se ad esempio chi succede al professore precedente, si ritrova a fare lezione ancora col preside in classe, prima o poi si sfasterèa.
L’auspicio è che Mister Mazzarri possa farci togliere tante belle soddisfazioni, gli dò perciò un caloroso bentornato, gli auguro di cuore buon lavoro e me ne torno meditando attuorno a sti pensieri.
Mediate gente, meditiamo!