In un tribunale di laici per la prima volta nella storia della chiesa un cardinale, Giovanni Angelo Becciu, viene condannato a cinque anni e mezzo di reclusione, oltre l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e 8.000 euro di multa, per la gestione dei fondi della segretaria di stato e la compravendita di un prestigioso edificio nel centro di Londra.
Il palazzo da cui è scaturita l’inchiesta a carico del prelato si trova in 60 Sloane Avenue a Londra e sarebbe stato venduto per 186 milioni di sterline, l’edificio però, ubicato nell’esclusivo quartiere di Chelsea, era costato alla Santa sede, quasi il doppio: circa 350 milioni di euro.
Oltre il cardinale Becciu, i restanti imputati sono monsignor Mauro Carlino; Enrico Crasso; Raffaele Mincione; Tirabassi Fabrizio; Cecilia Marogna; Gianluigi Torzi; Nicola Squillace; René Bruelhart eTommaso Di Ruzzi ; e alcune società, Logsic Humitarne Dejavnosti, la Prestige Family Office Sa, la Sogenel Capital Investment e la HP Finance LLC,
Gli imputati ritenuti colpevoli dei reati a loro ascritti, sono stati infine condannati, in solido tra loro, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, liquidati complessivamente in oltre 200.000.000,00 di euro.
Un processo interminabile durato oltre due anni e mezzo con 86 udienze con il prelato riconosciuto colpevole di due capi di imputazione uno per peculato e uno per truffa.
Ben più gravi i 49 i capi di imputazioni su cui era basato l’impianto accusatorio, a partire dalla truffa aggravata, al peculato, dall’abuso d’ufficio aggravato alla appropriazione indebita, dalla corruzione aggravata alla riciclaggio e auto-riciclaggio, dalla estorsione fino alla subornazione di testimone e al falso materiale in atto pubblico.
Immediata la risposta dei difensori del cardinale, Maria Concetta Marzo e Fabio Viglione che al termine della lettura della sentenza Ha ribadito l’innocenza del proprio rappresentato “c’è profonda amarezza dopo 86 udienze nel prendere atto che l’innocenza del Cardinale Becciu non è stata proclamata dalla sentenza nonostante tutte le accuse si siano rilevate completamente infondate, le prove emerse nel processo, la genesi delle accuse al cardinale, frutto di una dimostrata macchinazione ai suoi danni e la sua innocenza ci consentono di guardare all’appello con immutata fiducia”