Avverto il desiderio intenso di esprimere un pensiero in ricordo di Gianni Minà, che il 27 marzo di un anno fa, ha lasciato la terra degli uomini.
Da lui ho afferrato una buona pratica di riflessione e qualche utile esercizio di osservazione e di indagine. Alcuni suoi libri, le interviste, i suoi servizi giornalistici e i suoi programmi televisivi, nel tempo me lo hanno pian piano rivelato e fatto conoscere; “Blitz” e “Storie” resteranno tra i miei programmi TV preferiti di sempre.
Ho ammirato il suo modo di fare giornalismo, di essere giornalista, apprezzandone lo stile sobrio, l’innovativo e originale linguaggio televisivo. In un’intervista rilasciata a Giuseppe De Marzo, contenuta in un libro che raccoglie una serie di conversazioni (in quel caso lui era nell’insolita veste di intervistato anziché l’intervistatore), a proposito del suo mestiere Minà dichiarava: “Il nostro è un bel mestiere. Servi la cittadinanza, come la farmacia, come il cibo, come il pane. Sei un servizio sociale. Se no sei inutile.”
Nel “The Truman Show” mediatico, Gianni Minà è sempre stato un true man (un uomo vero), continuamente alla ricerca della verità, anche se scomoda, come nel 1978, quando espulso dall’Argentina, dove si trovava per seguire i mondiali di calcio, dovette lasciarla letteralmente di corsa per aver posto, durante una conferenza stampa, domande inappropriate sui desaparecidos ed aver cercato, non contento, le risposte. Sulle vicissitudini dell’umana condizione, sui “sistemi” che orientano l’andazzo del mondo, non assimilo sempre i suoi punti di vista, ciò nonostante, seppur ormeggiando su determinate questioni ad approdi diversi, non posso fare a meno di riconoscergli la bontà dell’analisi, l’onestà, la coerenza, la libertà e l’indipendenza di pensiero; pur pensandola talvolta diversamente non riesco a non riconoscerlo come persona di raffinata cultura, qualcuno di cui ti puoi assolutamente fidare.
La sua cronaca, puntuale e rispettosa, lasciava spazio al racconto, alla narrazione che di quel fatto era propria. Un po’ come succede con il buon vino che prima di essere sorseggiato viene messo a decantare, liberando poi, grazie all’ ossigenazione, quegli aromi, quei profumi, quelle note di gusto più o meno sfumate, che sarebbero viceversa andate perse.
Gianni Minà era un fine narratore perché sapeva leggere ciò che girava intorno al fatto, alla cronaca, senza alterarla, ma consentendo a ciascuno il proprio punto di vista. La sua narrazione permetteva a chi lo ascoltava, di viaggiare dentro la notizia, senza doversi muovere, rimanendo al suo posto.
Amava il Sud, tutti i Sud del Mondo, è stato editore e redattore della rivista Latino America che ai Sud del Mondo ha dato voce fino a quando, nel 2015 ha dovuto chiudere per mancanza di fondi. Credeva Minà che il Sud fosse un’espressione di speranza portatrice di cambiamento.
Al Sud riconosceva una fiera resilienza, una capacità di resistere alle ingiustizie e alle disparità, unite all’abilità, alla capacità, all’attitudine di individuare e fornire proposte e risposte migliori, come ad esempio il riconoscimento dei diritti della natura e la necessità di perseguire il “buon vivere”, frutti “che provengono da quelle voci lontane che nei Sud del mondo hanno ridefinito un immaginario e dato anima alla speranza”.
Da spettatore comune, voglio ringraziare Gianni Minà per aver inquietato i miei pensieri, per avere stimolato quelli assenti, per avermi indotto a scandagliare le opinioni. Grazie per l’impegno ed il sorriso, il rigore e la leggerezza, la serietà e la passione, il coraggio e la coerenza, per lo sguardo sornione e gli occhi di pace. La manifestazione del pensiero libero ed indipendente manca maledettamente a questo Paese, non solo al giornalismo.
L’8 giugno 2019 l’allora Sindaco De Magistris gli ha conferito la cittadinanza onoraria di Napoli. In quell’occasione Minà ebbe a dichiarare che “Napoli è la fabbrica di tutto quello che ho amato nei miei anni di giornalismo”.
Grazie per aver compreso il Sud per essere stato dalla sua parte, per avere amato Napoli ed averla intesa, per aver saputo cogliere i napoletani ed esserne stato amico.
Grazie per avermi sorpreso e per avermi tenuto compagnia, ciao Gianni!