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Italia dei miracoli

Ci sono due strade per raggiungere l’immortalità: conseguire un traguardo epico oppure un insuccesso spettacolare.

Chissà quanti azzurri di Euro 24 hanno contezza di aver raggiunto l’olimpo degli indimenticabili percorrendo la strada larga del fallimento e chissà Lucianone Spalletti quanto ritenga se stesso l’artefice della debacle. Non credo che lo sapremo ma ci rifaremo divertendoci a giocare a fare un poco i filosofi del cacio. Quindi dopo quasi una settimana dalla fatale Svizzera e dopo averle sentite tutte, ma proprio tutte, alcune considerazioni sull’Italia europea, le vogliamo fare pure noi.

La premessa indispensabile è che la vittoria di Mancini alla rassegna continentale di tre anni fa è stata un miracolo sportivo che avrebbe dovuto fargli meritare eterna gratitudine. Invece è stato abbandonato a se stesso contro i contorcimenti mentali dei club sempre più intolleranti verso la selezione tricolore e alle prese con un parco giocatori demotivato, se non indifferente, e scarso. La sua nazionale è restata imbattuta per 37 partite, record mondiale, e dopo il fallimento di Ventura per la mancata qualificazione al mondiale russo, ci ha portati a piantare la bandiera tricolore sul tempio di Wembley , contro i padroni di casa “made in Premier”: un gran bello sfizio no? Campioni d’Europa si! Dopo non poteva fare di più perchè non qualificarsi al mondiale, per questa nazionale è la normalità, mentre vincere è l’eccezione.

Siamo troppo provinciali e pressapochisti per ammetterlo e ce la prendiamo con i CT di turno (non vuole essere una difesa di Spalletti che in Germania non ci ha capito niente) mentre dimentichiamo che gli ultimi fuoriclasse a vestire la casacca azzurra sono stati Buffon, Chiellini e Bonucci (sic) che non erano attaccanti e che ora non ci sono più. L’unico che ha le potenzialità per avere la patente di “Top Player” è Gigione Donnarumma: troppo poco per competere a certi livelli. Ma cosa manca all’Italia per stare al livello delle squadre migliori in Europa? Perchè non ci sono più i Pirlo, i Totti, i Del Piero senza scomodare il Divin Codino Roby Baggio che accendeva la luce e abbagliava gli avversari? E i Baresi, i Maldini, i Nesta e i Cannavaro? Al posto di un Vieri “qualsiasi” (mondiale 2002) viene convocato uno Scamacca “d’annata” e facciamo le messe scalze per “rubare” il volenteroso Retegui all’ Argentina quando nel 2006 super Pippo Inzaghi stava sempre in panchina. Come siamo ridotti? Ci sono state congetture, suggestioni e tentativi di spiegare l’inesplicabile per un movimento calcistico nazionale malato che da troppi anni prega per i miracoli e non fa nulla per costruire i successi. Nemmeno prova a farlo. In verità non è facile trovare soluzioni che non abbiano il crisma della bacchetta magica ma quello della fatica e dell’ingegno. Ci addolora ripeterci e sottolineare che la corsa alle poltrone nessuno la può fare se stanno attaccate con la colla sempre agli stessi deretani. Che interesse ha un presidente di Federazione, a sforzarsi di migliorare la nazionale, se non viene mandato a casa dopo una mancata qualificazione ad un mondiale, cioè la cosa peggiore che possa accadere? Quando si darà l’impulso alle nuove idee, di uomini nuovi che non abbiano solo lo scopo di “proteggere i brand” mettendo fine all’epoca dei “ci pariamo a vicenda che duriamo di più”? La brutta sensazione è che, nel nostro paese, proviamo a dare le risposte quando ci si dimentica delle domande cioè quando è troppo tardi e non ci interessa più di sapere.

Per qualificarci al prossimo campionato del mondo non ci resta da fare altro che pregare per il solito miracolo; in questo non ci batte nessuno e non c’è da faticare ne da ingegnarsi.

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