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La Gioconda è un falso?

La Gioconda è un falso? Tante, ormai, sono le incongruenze che emergono dai verbali e dagli interrogatori riguardo il furto del dipinto.

Secondo un’indagine dello storico Silvano Vinceti, centotredici anni fa non fu il decoratore italiano Vincenzo Peruggia a rubare la Gioconda dal museo del Louvre. Dunque, sempre più quotata è l’ipotesi surreale secondo cui quella esposta e ammirata ogni giorno da migliaia di visitatori sia, in realtà, solo una copia, cioè un falso d’autore. Vinceti ha illustrato l’indagine, condotta dal 2016 con la collaborazione di diversi esperti, con particolare cura nel libro “Il furto della Gioconda – un falso al Louvre?”.

La testimonianza di un certo Ballinari, residente a Cadero (Varese) permise di aprire l’indagine.
«Fu lui a contattarmi – racconta Vinceti – e a riferirmi quanto gli aveva raccontato il padre, morto anni prima. Il genitore conosceva molto bene Vincenzo Peruggia, decoratore al Louvre. Secondo Ballinari, in realtà ad organizzare il clamoroso furto fu un gruppo di cui Peruggia fu solo un collaboratore. Dunque la Monna Lisa non venne nascosta a Parigi nel suo piccolo appartamento. Infatti – aggiunge lo storico – secondo gli anziani abitanti del luogo il dipinto rimase a Cadero per due anni. A Firenze, dunque, giunse solo una copia: il dipinto attualmente esposto nel Louvre».

Esaminando negli archivi di Stato della città di Firenze i documenti originali del processo che si svolse tre anni dopo il furto, sono poi emersi fatti a dir poco singolari.
Secondo il verbale, il decoratore italiano dichiarò di aver rubato la Gioconda dalla sala Carrè tra le 7.30 e le 8.00 del 21 agosto. Ma proprio in quel lasso di tempo due operai erano vicino il dipinto per un restauro della galleria adiacente il dipinto. Inoltre altri operai dichiararono di essere passati davanti al quadro, ancora al suo posto, verso le 7.15. Peruggia, invece, spiegò di essere uscito dal Louvre con il quadro nascosto sotto la blusa (la “blouse”), un ampio camiciotto da lavoro. Cosa impossibile, essendo il capolavoro un dipinto su legno e, dunque, impossibile da arrotolare.
L’interrogatorio fu definito contraddittorio e non attendibile, dunque non fu utilizzato durante il processo a Firenze. Infine il funzionario del Louvre che ritrovò la cornice della Gioconda dichiarò di aver notato delle evidenti impronte digitali, mai più trovate sulla cornice.

Gli studiosi del Centro di Studi Leonardeschi tuttavia hanno sempre tenuto in considerazione qualsiasi documentazione ipotetica, tra cui una lettera anonima spedita da Torino nel febbraio del 1914 al direttore degli Uffizi in cui si indicava il truffatore Giovanni Osta come ideatore principale del furto.
Nella missiva non mancavano riferimenti alla realizzazione di svariate copie della Gioconda e della possibile vendita.

Lo storico Vinceti ha spesso sottolineato come la perizia avvenuta a Firenze il 15 dicembre del 1913 dai periti Giovanni Poggi e Nello Tarchiani si sia dimostrata nel tempo scarna dei requisiti necessari. Dunque, buona parte della critica mette ancora in discussione la (non) autenticità del dipinto di Da Vinci.

La domanda che sorge spontanea, dunque, è: La Gioconda esposta al Louvre è un falso?

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