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La ricostruzione del sinistro stradale è sempre prima di tutto ricostruzione giuridica

Cass. civ. ord. 27 marzo 2024 n. 8306

La pronuncia in esame affronta un caso particolarmente interessante di sinistro stradale mortale la cui ricostruzione si svolge su di un piano strettamente giuridico nonostante la presenza di una ctu.

Mi sono occupate altre volte dell’argomento in epigrafe ossia di come la ricostruzione di un sinistro stradale in ambito processuale sia prima di tutto una ricostruzione giuridica, una ricerca della sua eziologia fatta a monte della ricostruzione cinematica e quindi preliminarmente alla luce della normativa vigente. Il caso in questione riguarda l’uso inappropriato di un ciclomotore da parte del suo conducente, vittima del sinistro, morto lungo una strada statale in cui vi era una evidente insidia.

La prima domanda da porsi di fronte alla ricostruzione del nesso di causalità di un sinistro è, a mio avviso, la seguente: la condotta di chi agisce in giudizio è coerente con l’impianto normativo che sostiene la sua domanda? O la sua condotta in qualche modo interrompe il nesso eziologico e quindi supera anche le evidenze di una ricostruzione dinamica dell’evento? L’ordinanza, come vedremo, evidenzia un concorso in colpa del disgraziato conducente.

Il caso

Nel lontano 2004, Tizio, Caio e Sempronio, eredi di Mevio, agivano in giudizio innanzi al tribunale di Termini Imerese nei confronti del Comune di … per sentirlo condannare al risarcimento dei danni conseguenti al sinistro avvenuto nel 1998 in cui decedeva Mevio, il quale, mentre transitava lungo via … alla guida del suo motociclo tg … , perdeva in controllo del mezzo a causa della presenza di un copertone di ruota di camion lasciata sul manto stradale. Nel costituirsi in giudizio, il Comune “contestava la fondatezza della domanda, precisando che il manto stradale si presentava in corrette condizioni di manutenzione, che il copertone contro il quale il conducente era andato a sbattere si trovava lungo il margine della carreggiata e che l’urto contro di esso era stato determinato da un’improvvisa sterzata del motomezzo, dovuta al sopraggiungere di un altro veicolo non identificato dalla direzione di marcia opposta”.

Mi preme precisare fin da ora che nel sinistro perdeva la vita soltanto il conducente del mezzo mentre il passeggero ivi trasportato restava illeso.

Chiamata in causa la U. spa assicurazione (che copriva la rc per il Comune) ed espletata ctu, il tribunale condannava il Comune a risarcire il danno agli attori. Il Comune spiegava appello, chiedendo l’integrale riforma della sentenza. La Corte d’appello di Palermo, disposto un supplemento di ctu, riformava parzialmente la sentenza, condannando il Comune al pagamento di una somma ridotta rispetto a quanto stabilito in primo grado. Il Comune proponeva ricorso in Cassazione, formulando vari motivi, tutti incardinati intorno al rapporto tra l’art. 2051 e l’art. 12227 cc.

Il primo motivo riguardava la qualificazione della fattispecie dedotta in giudizio ossia un’insidia stradale. Ma non è su questo che ci soffermeremo, sebbene il numero 1 della motivazione risulti essere davvero interessante come sintesi dell’orientamento giurisprudenziale in materia di responsabilità ex art 2051 cc.

Il secondo motivo è quello che qui ci interessa in quanto si occupa dell’applicazione del principio di cui all’art. 1227 cc, ossia il concorso in colpa, rispetto proprio all’ipotesi della responsabilità per cosa in custodia. Secondo il Comune, la Corte d’Appello di Palermo non avrebbe fatto buon uso dei principi elaborati all’uopo dalla giurisprudenza prevalente, escludendo il concorso in colpa della vittima. La Corte palermitana si era concentrata solo sui profili di responsabilità del Comune (omessa manutenzione per presenza dei copertoni sul manto stradale per due giorni) mentre non aveva preso per nulla in considerazione alcuni comportamenti dello sventurato conducente del motociclo “quali il ridotto grado di controllo e maneggevolezza del mezzo in occasione della repentina variazione della traiettoria, le minori capacità di rallentamento prima dell’impatto con lo pneumatico, nonché il fatto che il decesso sia stato causato da lesione da contraccolpo”.

La Corte reputa fondato il motivo. Vediamo da vicino la motivazione ed il principio di diritto elaborato nelle conclusioni.

“Nella sua più recente giurisprudenza, questa Corte, sottoponendo a revisione il principio di obbligo di custodia ex art. 2051 c.c., ha stabilito, con le ordinanze nn. 2480, 2481, 2482 e 2483 del 2018, che, in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’art. 1227, primo comma, cod. civ., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 della Costituzione. Ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro”.

Appare quindi necessario compiere una valutazione appropriata anche del comportamento della vittima che, nel caso di specie, è mancata in quanto la corte territoriale ha omesso di considerare l’incidenza causale della condotta del conducente del motociclo. In particolare non sono state evidenziate due mancanze molto gravi:

violazione del divieto per un minore di trasportare un passeggero e carenza di omologazione del mezzo per trasporto passeggero; rispetto a questo primo punto la corte di merito aveva ritenuto che “la specifica dinamica del sinistro, cagionato dall’impatto improvviso con un ostacolo ingombrante presente lungo il margine destro della carreggiata, esclude che eventuali alterazioni dell’equilibrio del mezzo possano aver avuto una concreta incidenza causale sulla sequenza degli eventi che hanno determinato l’incidente”,
violazione dell’obbligo di indossare il casco, avendo al riguardo la corte osservato che “la presenza del casco sarebbe stata del tutto ininfluente”.
La corte territoriale, escludendo l’incidenza causale delle suddette violazioni, è incorsa in un duplice errore: da un lato, ha ritenuto “che l’aver condotto un passeggero nel ciclomotore, omologato per il solo conducente, non abbia avuto alcun rilievo ai fini del sinistro verificatosi, in quanto la presenza di un passeggero condiziona le manovre; e, dall’altro, che il mancato uso del casco non abbia avuto incidenza causale sull’evento morte nel caso di specie, nel quale, essendo il decesso stato causato (nella tesi del CTU, fatta propria dalla corte di merito) da lesione da contraccolpo, il danno da contraccolpo avrebbe dovuto interessare anche il passeggero (che è invece rimasto immune da ogni conseguenza)”.

“È evidente, infatti, la manifesta fallacia della premessa e dello stesso sviluppo argomentativo, essendo intuitiva l’astratta incidenza sull’equilibrio di un veicolo a due ruote, in rapporto anche alla sua velocità ed alla condotta di guida, di un peso maggiore non consentito e non previsto, come pure della carenza di uno strumento di protezione almeno in astratto idoneo, se non ad impedire la lesione letale, quanto meno a diminuirne la portata. Infatti, il trasporto di passeggero a bordo di un ciclomotore, progettato ed omologato per circolare con il solo conducente, incide di per sé sulla sicurezza della marcia, in quanto telaio, sospensioni, freni, avancorsa, rigidità strutturale e pneumatici sono progettati ed omologati per l’uso del mezzo con il solo conducente; pertanto, il condurre un passeggero a bordo di ciclomotore, omologato per il solo conducente, è, almeno in teoria e salva una prova rigorosa del contrario, rispettosa delle leggi della fisica, esplica necessariamente rilievo causale ai fini del sinistro, in quanto la presenza di un passeggero condiziona la stabilità del veicolo, la possibilità di controllo del mezzo, la capacità di arresto e di manovra.

D’altra parte, in tema di obbligo dell’uso del casco per i conducenti ed i passeggeri di ciclomotori e di motocicli, l’omesso corretto uso di casco protettivo omologato da parte del conducente, deceduto o infortunato in un incidente stradale, è idoneo, anche in questo caso almeno in teoria e salva una prova rigorosa del contrario, rispettosa delle leggi della medicina, a contribuire comunque alle modalità di accadimento dell’evento letale.

In entrambi i casi, tali condotte colpose del leso possono quindi, se il loro apporto causale o concausale alla determinazione del sinistro non è neutralizzato in base ad analitiche considerazioni, che nella specie sono mancate, determinare una valutazione quanto meno di corresponsabilità del leso stesso”.

Concludendo, la Corte accogliendo il ricordo del Comune, enuncia il seguente principio di diritto:

“In tema di responsabilità ex art. 2051 c.c., per la ricostruzione dell’incidenza causale nella determinazione del danno occorre tener conto del comportamento del danneggiato, alla luce del principio di autoresponsabilità, desumibile dall’art. 2 Cost., che richiede a ciascun consociato l’adempimento dei “doveri di solidarietà sociale” (indicati come “inderogabili”); nonché dell’art. 1227 comma primo c.c., che impone al giudice di merito di esaminare d’ufficio l’eventuale incidenza causale del comportamento colposo del danneggiato nella produzione dell’evento dannoso”;

– “Il trasporto di passeggero a bordo di un ciclomotore, progettato ed omologato per circolare con il solo conducente, incide di per sé sulla sicurezza della marcia e va preso in adeguata considerazione ai fini della ricostruzione dell’eziologia del sinistro, per l’alterazione della stabilità del veicolo, della possibilità di controllo del mezzo e della capacità di arresto e di manovra; e costituisce condotta colposa del leso da tenere in considerazione ai fini della ricostruzione del determinismo causale del sinistro”;

– “In tema di obbligo dell’uso del casco per i conducenti ed i passeggeri di ciclomotori e di motocicli, l’omesso corretto uso di casco protettivo omologato da parte del conducente, deceduto o infortunato in un incidente stradale, va preso in adeguata considerazione ai fini della ricostruzione dell’eziologia del sinistro o, comunque, dello sviluppo della sua dinamica; e costituisce condotta colposa del leso da tenere in considerazione ai fini della ricostruzione del determinismo causale del sinistro”.

© Annunziata Candida Fusco

Cass. 8306_2024

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