Ho letto con interesse un bell’articolo pubblicato su questo sito ( https://www.passnews.it/2024/11/17/napoli-si-ribella-alle-baby-gang-la-campagna-di-sensibilizzazione/ ) in merito alla campagna di sensibilizzazione promossa dal Comune di Napoli per cercare di arginare l’ inquietante, crescente e sanguinosa spirale di violenza giovanile cittadina.
Nel mentre leggevo, la memoria ha azionato il tasto play riavvolgendo il ricordo di Giovambattista Cutolo (Giògiò), una perla di ragazzo, promettente musicista del conservatorio San Pietro a Maiella che la sera del 31 agosto 2023, mentre era in compagnia della fidanzata, per proteggere un amico da un gruppetto di delinquenti imberbi, a seguito di una discussione sorta per futili motivi, fu istantaneamente freddato a soli 24 anni da tre colpi di pistola. Il tragico fatto si verificò presso una paninoteca in Piazza Municipio ed ebbe una vastissima risonanza pubblica nazionale. Giògiò, vale la pena ricordarlo, è stato omaggiato dall’orchestra del Festival di Sanremo durante la prima serata della kermesse canora del 6 febbraio di quest’anno ed insignito della Medaglia d’oro al Valor Civile.
Una personale e trascurabilissima considerazione not politically correct, mi porta a ritenere che incedere sempre e comunque nella ricerca a tutti i costi di cause sociali, antropologiche, culturali, di disagio interiore o ambientale, che fanno da volano al dilagare della violenza giovanile, per quanto certamente necessario, finisca spesso, non sempre, per essere più un alibi che un concreto rimedio al problema. Anche perché i motivi scatenanti, sovente non sono così reconditi anzi, talvolta a raccontarceli è una “semplice”canzone. L’articolo citato richiama alla mente ed alle orecchie i versi toccanti del brano “A Giògiò” dedicato a Giovambattista Cutolo dal maestro Enzo Avitabile, ascoltarlo è un montante in pieno volto, spine negli occhi, vengono i brividi. Sono versi che dicono, se non tutto, sicuramente molto sui perché di una violenza minorile così dilagante. “La semplicità della musica leggera è la base su cui si possono innalzare grattacieli”diceva tempo fa Ivano Fossati, non posso che concordare! Tuttavia, non credo che la musica o una canzone possano essere un rimedio, la risposta ai tanti giovani che sparano e delinquono, possono però essere elemento di confronto, di riflessone, il link di collegamento a qualcosa di più complesso e profondo, che non sia solo da ascoltare o da cantare ma da percepire, considerare, analizzare, rappresentare. “Ascolta sempre e solo musica vera / E cerca sempre se puoi di capire”, è l’estratto dell’inciso de “L’arcobaleno” pezzo profetico di Mogol e G. Bella cantato da Adriano Celentano. Invece il ritornello accattivante di un celeberrimo brano cantato da Colapesce e Dimartino al Festival di Sanremo 2021 dice: “Metti un po’ di musica leggera Nel silenzio assordante / Per non cadere dentro al buco nero / Che sta ad un passo da noi, da noi / Più o meno”. E se più o meno potesse pure essere che la musica leggera anzi leggerissima, il buco nero in cui cade questa gioventù bruciata lo allontana o lo schiarisce?