Lo sguardo e il parlare.
Nel Vangelo della Liturgia odierna Gesù ci invita a riflettere sul nostro sguardo e sul nostro parlare.
Papa Francesco ci dice di concentrarci -anzitutto- sul nostro sguardo. Il rischio che corriamo è che troppo presi dal guardare la pagliuzza negli occhi degli altri ci dimentichiamo della trave che vi è nel nostro. L’attenzione per i difetti degli altri, anche piccoli, ci distrae dai nostri. Così troviamo sempre motivi per colpevolizzare il prossimo e giustificare noi stessi, questo atteggiamento non fa altro che renderci ciechi e se siamo ciechi non possiamo pretendere di essere giudici e maestri degli altri: <<un cieco, infatti, non può guidare un altro cieco>>. Il Signore, invece, continua Papa Francesco, ci invita a ripulire il nostro sguardo. Per prima cosa dobbiamo guardare dentro di noi per riconoscere i nostri difetti e le nostre miserie. Solo così si potranno aprire le porte della Misericordia e, soprattutto, solo così potremmo guardare gli altri come fa lui, senza vedere il male ma cogliendo il bene. Dio ci guarda così: non vede in noi degli sbagli irrimediabili, ma dei figli che sbagliano. Distinguendo sempre l’errore dalla persona è sempre pronto a perdonarci. E così ci invita a fare lo stesso: a non ricercare negli altri il male, ma il bene.
La bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.
Dopo lo sguardo Gesù ci invita a concentrarci sul nostro parlare. Da come uno ci parla possiamo accorgerci di cosa ha nel cuore. Parlando possiamo esprimere non solo i nostri pensieri, ma anche i nostri sentimenti: <<La bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda>>. Molto spesso però prestiamo poca attenzione alle nostre parole e ci dimentichiamo che possono ferire, alzare barriere e pregiudizi, aggredire e perfino distruggere. Dobbiamo, pertanto, interrogarci sul tipo di parole che utilizziamo: sono parole miti, che esprimono attenzione, rispetto, comprensione o sono parole taglienti, critiche ed offensive?