Si spengono le luci sul campionato di calcio e finalmente le famiglie sorridono non più ostaggio dello sport più seguito d’Italia
Adesso si! Possono partire le gite e i pic-nic all’aria limpida e frizzante delle domeniche primaverili. Le signore si riappropriano dei mariti tenuti prigionieri dalle vicende del campionato di calcio e possono svolazzare presso mari e monti per sfruttare la dolce clemenza del meteo.
Si è chiusa la serie A con il marchio del diavolo messo in calce all’epilogo dell’annata 2021-22. Inaspettatamente, contro la maggioranza dei pronostici che puntavano tutti sull’armata di Simone Inzaghi che però si prende medaglia d’argento, Coppa Italia e Supercoppa.
Insomma una Milano da bere che si è bevuta ogni cosa senza lasciare gocce a “chicche e ssia”. Il dominio settentrionale confermato dal prevedibile passaggio del testimone Torino-Milano non ha più argini tanto che nemmeno per le eccezioni c’è più spazio. Le favole tipo Cagliari e Verona sono state cancellate e mio figlio e tutti i maggiorenni italiani, nella loro giovane vita hanno solo vissuto trionfi a strisce bianche-rosso-nere.
Da quando la Roma di Totti e Capello, nel 2001 ” pretese” il titolo, scucendolo dalle maglie della Lazio (incredibile coincidenza con l’anno del Giubileo, in cui vinsero entrambe consecutivamente) il titolo di campioni d’Italia non si è più spostato dall’asse Milano-Torino e per la verità, non a caso. Da quelle parti si fanno più investimenti o meglio, se ne fanno troppi di più se è vero come è vero che sono immerse nei debiti (solo il Milan sembra abbia iniziato “l’onestum iter”) e ricapitalizzano un’anno si e l’altro pure.
Le tre sorellone hanno più tifosi di tutte e insieme raccolgono più del 40 per cento dell’intero bacino d’utenza di supporter nazionali. Pertanto i media, per la famosa legge che relaziona domanda e offerta gli dedicano più spazi che alimentano ulteriormente il circolo virtuoso di cui esse si nutrono. Soprattutto Inter, Milan e Juventus giocano per vincere, non per partecipare.
Fanno molto discutere le dichiarazioni di un illuminato presidente come De Laurentiis che chiede con il solito candore mediatico “ma io, se vinco due scudetti come Ferlaino, che me ne viene?“. Una domanda che se pure ha lasciato di stucco anche i suoi più accaniti estimatori ci spiega tanto sulle reali intenzioni di molti presidenti di calcio e il loro modo di intenderlo. Un lavoro, fatto da manager–ragionieri che pretendono un guadagno (giustamente? Si, lo dicono tutti tranne i tifosi) e si vantano di saper tenere i conti in ordine.
Un industria dello spettacolo con le sue belle primedonne (sabaudomeneghine) e le comprimarie (tutte le restanti) alla faccia della fabbrica dei sogni. Un baraccone lucroso che sta attirando anche gruppi finanziari non italiani a dimostrazione del fatto che presidente-tifoso è bello, ma presidente-imprenditore è molto meglio.