La Dea Eupalla, imberbe divinità sorta dalla penna del “Giuan lumbard” ad uso e consumo della letteratura pallonara di casa nostra, non poteva sbizzarrirsi di più nel dare i natali a Kvaratskhelia nel tranquillo stato della Georgia.
Il paese formato da una miriade di piccoli villaggi che si stendono dalle montagne del Caucaso alle coste del mar Nero, in quel di Tbilisi, vede nascere nel febbraio del 2001 un georgiano con i piedi brasiliani e il genio calcistico argentino. Per farla breve: un fiore nato tra i monti di pietra (da “Non son degno di te”).
Oh, è troppo presto per inneggiare a giocate perpetue di “sublime nitore”, sempre a citare Brera, ma quello che si vede al mattino può essere chiarificatore del buon giorno che ci si accinge a vivere.
La sensazione è che l’occhio dei diretti interessati (avversari, tifosi e esservatori facoltosi) inizia ad allungarsi verso l’azzurra stellina nascente e cresce la curiosità per le serpentine e l’uso impunito di destro e sinistro che il ragazzo mostra: una vera maledizione per tutti i Van Dijk di questo mondo.
Anche con lo Spezia il nostro ne ha regalate alcune, di chicche del suo repertorio e in una partita che ha avuto un primo tempo che era peggio di una ninna nanna al carillon ha confezionato tre/quattro chiare palle gol. Nella seconda frazione di gioco e come da contratto (questo dovrebbe essere il motivo) è stato sostituito dopo quindici minuti e al Maradona si sono sentiti tutti un poco più piccoli e indifesi fino al destro rampante di Jack 81 Raspadori.
Resta la sensazione che la scena del Napoli abbia bisogno dell’illuminotecnica georgiana e scherzi a parte, fatta salva la gestione dei minuti che di lui sta facendo Luciano Spalletti, che ne saprà qualcosa in più di noi, senza Khvicha ci si muove a ritmo di musica, con lui in campo si ballano samba e tango insieme.