Il Vangelo di oggi riprende il capitolo 9 del Vangelo di Giovanni e parla di Gesù che ridona la vista ad un uomo cieco dalla nascita.
Dinanzi all’episodio dell’uomo nato cieco si cerca innanzitutto un colpevole per la sua malattia, reazione che esemplifica la “comodità” alla quale spesso cediamo: quella di cercare un colpevole, anziché porci domande impegnative.
Avvenuta, in seguito, la guarigione, la prima reazione è quella di finire nello scetticismo, di non credere. Le persone hanno, inoltre, paura e svelano un cuore cieco: cercano un colpevole, non sanno stupirsi, non vogliono cambiare e sono bloccati.
In tante situazioni quotidiane di testimonianza dell’amore di Gesù manteniamo lo stesso identico atteggiamento: abbiamo paura, non vogliamo cambiare, cerchiamo una via d’uscita più elegante che accettare la verità.
L’unico che reagisce bene è il cieco, spiega Papa Francesco. Dice semplicemente la verità: <<ero cieco ed adesso ci vedo>>. Non ha paura del giudizio, dell’emarginazione, ha già conosciuto questi aspetti ed ora se ne sente liberato. Questo accade ogni volta che Gesù ci guarisce: ritroviamo la dignità e la espandiamo attraverso la nostra vita.
La sfida di Sua Santità è, come per ogni domenica, quella di riflettere il messaggio nella nostra vita.
Noi cosa avremmo fatto? Come il cieco sappiamo vedere il bene ed essere grati per ciò che abbiamo ricevuto o rimaniamo scettici e pettegoli?
Ed ancora nel quotidiano abbiamo dignità? Testimoniamo Gesù oppure spargiamo critiche e sospetti?
Siamo felici di dire che Gesù ci ama, che ci salva oppure, come i genitori del cieco nato, ci lasciamo ingabbiare dal timore di quello che penserà la gente?
Ed ancora, come accogliamo le difficoltà e le diffidenze degli altri? E le loro difficoltà? Ci porgiamo a loro con indifferenza o con amore riconoscendo le opportunità che portano nella nostra vita?