I genitori, la trave e la pagliuzza
Cara redazione,
Colgo lo spunto da un servizio televisivo mandato in onda in questi giorni, in cui una madre intervistata sulle malefatte del figlio, a fronte di responsabilità accertate, si lamentava che fosse stato chiamato a rispondere solo il suo piccolo e non anche gli altri che risultavano coinvolti.
La cosa che mi ha fatto riflettere però non è tanto che questa madre non provasse alcuna vergogna per quanto fatto dal figlio, non censurando il suo comportamento, ma addirittura lo giustificasse rilevando che il giovane non fosse l’unico responsabile, in quanto anche altri si comportavano normalmente così.
La circostanza che vede gli stessi genitori nella loro qualità di educatori esimersi dal condannare il comportamento, seppur di un figlio, minimizzando e scaricando le responsabilità (e la coscienza) su altri, mi fa ricordare la storia della pagliuzza nell’occhio dell’altro, senza vedere la trave nel proprio…..
Manuela – Cagliari
Cara Manuela,
Lei ci riporta delle circostanze che accadono spesso, comportamenti ai quali assistiamo di frequente e ai quali qualche volta, magari anche inconsciamente, forse ci conformiamo anche noi.
La trave e la pagliuzza
Nel discorso della montagna Gesù cerca di instradarci verso la strada giusta per riuscire a diventare buoni maestri, pastori d’anime, buoni educatori, buoni genitori.
Non si tratta di nulla di semplice, ma certo è che la strada giusta comporta mitezza e misericordia, ma soprattutto umiltà.
Nel brano da Lei richiamato troviamo una frase chiave: «Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?» Il commento più bello al discorso della montagna ci viene dato direttamente dal Santo Padre: << Tante volte è più facile scorgere e condannare i difetti altrui mentre nascondiamo i nostri, li nascondiamo anche a noi stessi, invece è facile vedere i difetti altrui. La tentazione è quella di essere indulgenti con se stessi, di manica larga, e duri con gli altri.>>
Il senso di colpa
Vede Manuela, sono numerose le circostanze che ci inducono ad adottare comportamenti che vanno in questa direzione.
Nella fattispecie, quando si tratta di genitori e figli, il rimprovero spesso blando o addirittura assente circa il comportamento scorretto di un figlio, cela un senso di colpa da parte del genitore. A volte, anche in modo non del tutto consapevole, un genitore riconosce che dietro determinati atteggiamenti ci sono delle colpe proprie e non delle colpe dirette del figlio. Scarsa attenzione, mancanza di tempo, poca dedizione.
Per questo si tende ad esonerare il figlio da determinate responsabilità per non ammettere le proprie.
Queste dinamiche psicologiche portano ad attribuire maggiori colpe ai figli degli altri, perché si vuole, in qualche modo, dare maggiori colpe agli altri genitori. Si proietta sull’altro quello che nella fattispecie si sente su di sé. Non sono un bravo genitore e vedo questo proiettato sul figlio dell’altro, il quale se fa una marachella o adotta un comportamento scorretto è perché non ha un genitore attento, premuroso e presente.
Oggi ci troviamo in una società che giustifica i figli, perché il tempo che abbiamo per esercitare la genitorialità è molto ridotto e di conseguenza tendiamo ad adottare questi atteggiamenti di mancata condanna.
Per tutto ciò, vede cara Manuela, io mi sentirei di dire che dovremmo essere indulgenti anche coi genitori che si comportano in questo modo, perché in fondo stanno un po’ soffrendo.