Il toto-allenatore Napoli impazza e don Peppino amico mio sta pensando seriamente di avere delle chance per ambire alla panchina del club campione d’Italia.
Lui che all’epoca ha allenato la squadra dei compagni di classe di suo figlio di 11 anni e il team di calciotto della piana di Sant’Agostino, ritiene di avere i requisiti giusti affinché il più fortunato dei presidenti possa fare ancora bingo.
È disposto pure a rivedere il suo collaudato modulo 1-9-1 per non snaturare l’opera vincente del suo predecessore e non si metterebbe di traverso per eventuali “cessioni eccellenti”.
Per conoscere la squadra e condurre i primi allenamenti, il posto giusto potrebbe essere il campo San Rocco di Capodimonte, impianto ricco di storia e sogni frantumati dei calciatori di tutte le generazioni di Napoli dai tempi del ” cippo a forcella”.
Assicura sul suo onore di uomo di sport, che non si licenzierà mai, nemmeno se dovesse fregiarsi del titolo di Campione d’Europa e il suo datore di lavoro gliene dovesse cantare quattro, otto e di più ancora.
Unica condizione sarebbe lo stipendio, occuparsi del Napoli lo porterebbe lontano dai suoi adorati nipotini e non lo farebbe mai per meno di novecento euro al mese, presi al nero, per non gravare troppo sulla dichiarazione ISE. Non vorrebbe perdere i bonus luce e gas.