Nei miei viaggi di giovane tifoso, soggiogato dalle grazie balistiche del “pibe’ eravamo soliti io e il mio compagno di trasferte, portare con noi una doppia sciarpa del Napoli.
Ci deliziava l’idea di scambiarne una delle nostre con una della squadra a cui facevamo visita. Ebbene, nella mia breve vita di “trasfertista” sono tornato a casa con una sciarpa della Fiorentina, due del Milan, una dell’Ascoli, del Pisa, Pescara, Roma, Inter e Maceratese.
L’incanto e quella voglia forse un poco puerile di fraternizzare finì ad Avellino, quando ai nostri empatici inviti di scambio di vessilli ci risposero in modo sdegnoso e offeso i nostri cugini lupacchiotti.
Fu l’unica volta che ritornammo a casa con due sciarpe azzurre e la sensazione di non esser riusciti a capire qualcosa di importante: la stessa che provo adesso. Oggi come allora sono stato felice che un’altra squadra campana sia approdata in Serie A; ma Salerno ora, come Avellino negli anni 80, dimostra di sentire troppo il confronto con la squadra azzurra e i suoi tifosi, macchiatisi di non si sa quali nefandi colpe.
Il colmo si è avuto quando si è impedito agli scrittori De Giovanni e Quagliariello di presentare i propri libri nella citta cugina, spostando il confronto dai pruriginosi fatti da stadio al tessuto socioculturale. Se qualche strano personaggio di Salerno sembra quasi cavalcare questo “tafazzistico” stato di cose, una dichiarazione chiara, pulita e medicamentosa viene dal Presidente dei granata Danilo Iervolino. “Amo Salerno ma sono napoletano e questa è una lotta che devo portare avanti”, “insieme al Presidente De Laurentiis stiamo lavorando per creare un ponte tra le due città e le tifoserie”.
Un ponte, un dialogo sarebbe fantastico ma sarebbe tanto, anche solo un poco di rispetto reciproco; quello che potrebbe bastare per non dividersi e far imperare i soliti padroni del vapore.
Quelli abituati a spuntarla sempre, strizzando volentieri l’occhio sulle discordie altrui.
Sanno che è difficile vincere su avversari forti e…uniti tra loro.