Diego è l’inimmaginabile che diventa forma, l’impossibile che diviene genesi, la polvere che si trasforma in platino; Diego è, non “era”. Semplicemente non abita più qui, ha trasferito il domicilio in una dimensione mistica che più gli appartiene.
Diego è gli allenamenti al Centro Paradiso di Soccavo, quasi attaccato a casa mia, la partita di pallone che volevo non finisse mai, lo stadio al quale sarei rimasto sempre collegato con la radio, per godere ancora del racconto dell’ennesima prodezza, quando magari ero in treno il pomeriggio della domenica per riprendere il lavoro il lunedì mattina.
Diego è colui che ci ha tolto e “paccheri a faccia”, il passaporto per le stelle di un Napoli che ha proiettato ben oltre i propri confini. Un extraterrestre, un essere metafisico, zero mente (tutt’altro che “senza testa”, non si fraintenda!), eppure sapeva sempre che giocata fare.
Diego è l’istinto connesso all’anima e il piede sinistro a fare da link, gioia pura, divertimento sopraffino, piacere autentico a servizio della tecnica; il movimento un prolungamento del corpo, l’azione un’espressione artistica di bellezza incomparabile, una poesia in movimento.
Diego è teatro dell’improvvisazione col talento cristallino alla regia ed un copione recitato a soggetto sempre generosamente, senza troppi calcoli, senza mai anteporre un tornaconto proprio o strappare ruffianamente un applauso, con il biglietto a prezzo popolare. “Ricordi se scetano, bandiere che cantano, feneste che chiagnene e tutt’ attuorno sape ‘e te …… Campiò, Campiò, Campiò io chesta sera nun ce ‘a faccio e tutt’ chell’ c’aggiu scritto te vonn’ dà l’ultimo abbraccio, ‘o giuro, nun te scordo cchiù” canta magnificamente Nino D’Angelo.
Diego tu non sei solo D10S, ma tutto il Paradiso proprio!
giuro, nun te