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Il calcio e la noia

Un grande scrittore italiano sentenziava che i grandi imperi, le ciclopiche rivoluzioni e finanche le secolari religioni nascono dalla noia, la più perniciosa e fruttuosa delle passioni umane che crea e distrugge.

Non fatichiamo ad immaginare che fu proprio lo stato d’animo cantato dalla giovane Mango a spingere mister Ebenezer Cobb Morley e i suoi amici, nel 1867, a far nascere il calcio e prendersi la briga di codificare, regolare e mettere insieme per la neonata Football Association i quattordici principi fondamentali dell’arte pedatoria.

Il football, oggi lo sport nel mondo più seguito in assoluto, rifuggiva, agli albori della sua esistenza dal professionismo che era severamente proibito; ora se non lo pratichi in modo professionale non hai speranze.

Un bel cambiamento, non c’è che dire e il successo che ne ha sancito la grandezza soprattutto di fatturato ha portato all’esasperazione il corroborante piacere di prendere a calci una palla e non sempre i suoi straordinari protagonisti (i grandi calciatori) suppliscono ai difetti del sistema.

La verità è che mister Morley e company non riconoscerebbero la loro creatura gestita da politicanti che non hanno mai giocato una partita, faticherebbero a pensare a partite truccate, arbitri corrotti e a concetti come la sudditanza psicologica; si adeguerebbero malvolentieri ai falli sistematici nelle partite, alle simulazioni e al tentativo di tirare indietro la gamba per non perdere il prossimo lauto ingaggio. Sono solo alcuni dei mali, ineludibili quanto fisiologici, portati dal volgare danaro che “stura le nefandezze” e diffonde per l’aria miasmi pestilenziali.

Non sempre la soluzione è turarsi il naso e respirare con la bocca; la dimostrazione ce la danno i giovani di oggi che non vanno allo stadio e non parlano più di calcio come avveniva 30 o 40 anni fa. Qualcosa dovrà pur significare.

Nell’era del risultato ad ogni costo, l’imprinting del “soccer” negli Usa come anche in Africa e in Asia è l’ultima speranza che la Fifa ha di alzare l’asticella e spremere al prodotto pallonaro quelle che potrebbero rivelarsi le ultime gocce stillate dal barraccone.

Il resto dei danni lo farà la politica di giocare sempre più spesso, minando la salute dei giocatori, magari i mondiali ogni due anni piuttosto che le vittorie dei soliti noti club con disavanzi di centinaia di milioni di euro.

Continuando in questo modo bisognerà non sottovalutare la naturale conseguenza che le persone, quando assisteranno ad una partita di pallone, potrebbero iniziare ad avvertire un inquietante senso di…noia,

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