Quaranta anni fa, 5 luglio 1984, “Buonasera napolitani” le sue prime parole, avrebbe tranquillamente potuto non aggiungere altro Diego, sarebbe stato uguale!
L’apparizione sul prato dell’allora San Paolo, fù come la fede in Dio, ci credi e basta non hai bisogno di vederlo. Quel giorno con Diego fù la stessa mistica, sublime esperienza. Fu osannato in anticipo, da subito, a prescindere, sulla fiducia , quella che istintivamente dai a chi percepisci intimamente che non ti tradirà, che doni incondizionatamente a chi ti ha scelto. Era già nella storia Diego, prima che iniziasse a scriverla sul campo perché “nun c’è bisogno ‘a zingara pè ‘nduvinà Cuncè”. Portò allegria e speranza in una città depressa, oppressa e terremotata, quell’allegria e quella speranza le tramutò poi in felicità e la felicità costò appena mille lire, il prezzo del biglietto per la sua presentazione quel 5 luglio 1984. Diego fu il primo tatuaggio collettivo quando i tatuaggi ancora non si portavano, Diego è pelle non memoria, un ricordo può svanire, ma la pelle non la puoi togliere! Fu un precursore dei flash mob quando internet ancora non esisteva, il suo estro, fù antesignano dell’intelligenza artificiale, ci fece capire che si poteva ragionare pure coi piedi, anzi con uno solo (e per giunta quello a mancina). Diego è come la sovranità costituzionalmente prevista: appartiene al popolo, che la esercita però senza alcun limite, perché Diego non ha tempo, a Napoli è sempre il tempo (e il tempio) di Diego.
Salvatore Scherillo