Stereotipi diffusi riguardo il Don Chisciotte della Mancia
Riguardo il famoso capolavoro di Miguel De Cervantes, “Don Chisciotte della Mancia”, negli anni si sono diffusi vari stereotipi. In particolare, si è diffusa l’immagine di un cinquantenne impazzito da un giorno all’altro, che scambia dei semplici mulini a vento per dei giganti e chiede al suo vicino Sancho Panza di seguirlo.
Motivo della follia: evasione dalla realtà
Al contrario, la sua follia non nasce all’improvviso ma è figlia di un grande tormento interiore. Don Chisciotte sceglie consapevolmente di rifugiarsi nei libri di cavalleria, per fuggire da un presente e una società a cui non sentiva di appartenere. Preferiva trasformare il mondo con la sua immaginazione, per adattarlo ai suoi sogni impossibili: viaggiare alla scoperta di avventure e porre fine alle ingiustizie del mondo.
Don Chisciotte: inguaribile sognatore
E in fondo tale meccanismo si innesca in ogni amante della lettura: amare così tanto un libro da desiderare di viverci all’interno, conoscere i personaggi e poter interagire con essi. E nei lettori del “Don Chisciotte della Mancia” vi è proprio questo: un sentimento di forte immedesimazione misto a pietà nei confronti di un inguaribile sognatore, imperterrito di fronte alle sconfitte e delusioni. Un uomo che sogna ad occhi aperti, nonostante tutti lo considerino pazzo, nonostante lui sappia che la fantasia non potrà mai combaciare perfettamente con la realtà.
Finale struggente: la guarigione
Sarebbe sicuramente più facile e più semplice farsi guidare dalla ragione, ma così morirebbe l’essenza di Don Chisciotte. Ed è proprio ciò che accade nel finale di questo immenso capolavoro. Dopo aver divertito i lettori con le sue innumerevoli stramberie, sul finale, Don Chisciotte torna a casa ammalato e rinsavisce. La malattia fa emergere il suo raziocinio e rinnega tutto il suo passato da cavaliere. Questo fa intuire che la sua follia non fosse totalizzante, ma al contrario una scelta ben consapevole.
Domande sul reale significato della follia
E dunque, sul finale di quest’opera, è giusto chiedersi: Don Chisciotte era un folle o un sognatore? La linea di demarcazione tra i due termini sembra sottile, ma un folle sarebbe rinsavito? Probabilmente no, non sarebbe mai guarito. Mentre un sognatore si, perché ha scelto lui stesso di immergersi in quella realtà alternativa e renderla propria, per creare un mondo in cui i suoi sogni potessero divenire realtà.